Gino Rossi

Gino Rossi (Venezia, 6 giugno 1884 – Treviso, 16 dicembre 1947)

Rossi inizia gli studi proprio nella città lagunare. Nel 1907, ventitreenne, parte per la Francia con lo scultore Arturo Martini per arricchire la sua formazione. All’inizio si ferma a Parigi dove ha modo di conoscere la pittura dei Fauves, contraddistinta dall’impiego di tonalità pure che forniscono una violenza espressiva alle loro produzioni e soprattutto le opere del grande pittore post-impressionista Paul Gauguin. Rossi rimane folgorato dall’uso di colori antinaturalistici, accesi e piatti e dalla componente simbolica insita nei suoi quadri.
Talmente forte il fascino che Gauguin suscita sul pittore veneziano che quest’ultimo decide di recarsi in Bretagna, luogo in cui Gauguin ha dato vita ad alcune delle sue opere più rilevanti.

Tornato a Venezia entusiasta di quanto appreso nel corso del soggiorno bretone, durante il quale realizza anche diverse vedute del paesaggio locale, Rossi viene coinvolto in una mostra organizzata a Ca’ Pesaro nel 1910.
Come Moggioli, di cui vi ho già parlato, anche Rossi dal 1910 decide di trasferirsi a Burano e di impiegare i paesaggi sospesi tra cielo e acqua come fonte di ispirazione per i suoi quadri. Qui realizza diverse vedute che hanno come soggetto gli scenari lagunari ritratti con colori accessi e luminosi semplificando le forme, senza soffermarsi nella cura dei particolari, per dare vita a dipinti in cui a parlare fosse l’esuberanza e vivacità dei colori.

Risalgono a questi anni anche dipinti che raffigurano il paesaggio asolano. 
Nel 1912 Rossi torna a Parigi dove ha l’occasione di esporre al prestigioso Salon de l’Autome.
Nel 1914 viene richiamato alle armi e deve così interrompere il suo idillio artistico. L’esperienza al fronte segna profondamente il pittore il cui equilibrio mentale viene fortemente compromesso.
Nonostante ciò, al termine della guerra Rossi ritorna a dipingere influenzato da anche da altre tipologie di produzioni artistiche come il Cubismo, impiegando il colore in modo innaturale al fine di superare la mera raffigurazione realistica preferendo l’ irrealtà.

Nel 1926 i disturbi mentali che lo attanagliano lo portano ad essere ricoverato nel manicomio Sant’Artemio di Treviso, luogo in cui morirà nel 1947.

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