Cerco opere di Hsiao Chin

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Nella Cina del 1955 si respirava l’aria descritta da George Orwell: vigeva il totalitarismo. L’accusa al comunismo era dietro l’angolo, un periodo difficile per sviluppare le proprie doti artistiche. Seppure nell’ironia della situazione, l’arte d’avanguardia era tollerata in virtù dell’ignoranza del regime.
Hsiao Chin respira a pieni polmoni la cultura della sua terra ed approfondisce l’unico studio artistico permesso: l’arte astratta. Segni, colori, spazi e giustapposizione degli elementi diventano espressione della prigionia e, al contempo, della cultura che lo circonda. In un secondo momento gli elaborati diventano manifestazione delle sofferenze che percorrono la sua vita, come la morte della figlia ventitreenne. Silenzio, solitudine e trascendenza alternano rappresentazioni casuali, naturali e rilassate.

La vita è come una lunga strada, ad un tratto ha sentito il bisogno di un “ponte”. Ha iniziato a viaggiare e ad ampliare le sue conoscenze. Ha creato svariate associazioni artistiche con gli esponenti maggiori del periodo e dopo aver passato anni a studiare Matisse e Gauguin si è approcciato in modo diretto con l’avanguardia Europea e Americana. Il nuovo continente gli ha permesso di esprimere concetti che hanno delineato il la sua personalità anarchica umanitaria residente nell’Europa democratica.

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